Conoscere Antonio
Trascorre i primi anni di formazione sotto la guida dei canonici del Duomo. E’ nel 1220 che Fernando (il vero nome di Antonio) viene a contatto con i frati minori, religiosi animati da Francesco d’Assisi nella lontana Italia. Infatti, le reliquie di cinque missionari francescani torturati e uccisi in Marocco vengono portate a Coimbra, nella chiesa di Santa Croce, proprio dove si trovava Fernando. E’ di questo periodo il probabile contatto più approfondito con i primi francescani giunti in Portogallo.
L’incontro si rivelerà fondamentale nel percorso di fede del giovane religioso: con grande sorpresa di tutti, nel settembre 1220 decide di lasciare i Canonici agostiniani per entrare a far parte dei seguaci di Francesco d’Assisi. Per l’occasione, abbandona il vecchio nome di battesimo per assumere quello di Antonio.
Antonio matura una forte vocazione alla missione e, in particolare, al martirio: e con questo ideale parte alla volta del Marocco.
Giunto in Marocco però Antonio contrae una grave e non ben precisata malattia: è costretto al riposo forzato e non può predicare. Dopo qualche tempo – non guarendo – non gli resta che arrendersi alla volontà di Dio e rimpatriare. Ma la nave su cui si era imbarcato per il ritorno viene spinta da venti contrari fino alla Sicilia, con un rovinoso naufragio.
Da qui, dopo una convalescenza di un paio di mesi, si reca ad Assisi: è l’occasione propizia per incontrare Francesco d’Assisi che nella Pentecoste del 1221 aveva convocato tutti i frati. Sarà un incontro semplice ma capace di confermare la scelta di Antonio nella sequela di Cristo per mezzo della fraternità e minorità francescane.
Nel settembre 1222 si celebrano a Forlì le ordinazioni sacerdotali. Secondo la leggenda viene meno il predicatore invitato per l’occasione: Antonio – religioso e sacerdote – viene invitato a sostituirlo: è la rivelazione del suo talento come predicatore. Nonostante sia straniero, dalle sue parole emergono la sua profonda cultura biblica e la semplicità d’espressione.
Da quel giorno Antonio viene inviato sulle strade del nord Italia e del sud della Francia per animare con la sua predicazione del Vangelo genti e paesi spesso confusi dai dilaganti movimenti ereticali del tempo. Avrà anche parole di correzione per la decadenza morale di alcuni esponenti della Chiesa.
Sul finire del 1223 ad Antonio viene proposto anche di insegnare teologia a Bologna, compito che svolge per due anni, all’età di 28-30 anni.
Antonio è dunque tra i primi religiosi dediti all’insegnamento della teologia nella fraternità minoritica, ricevendo per questo l’approvazione di san Francesco in persona attraverso una lettera a noi giunta.
Sappiamo che nel 1226 Antonio è a Limoges, in Francia; non abbiamo notizie chiare sul tempo del ritorno in Italia. Le agiografie indicano però la sua presenza ad Assisi nel Capitolo generale dei Frati minori, tenuto in Assisi per la Pentecoste il 30 maggio 1227.
Antonio, per i talenti che dimostra di saper mettere a servizio del Regno di Dio, riceve anche l’incarico di Ministro provinciale (ossia guida delle fraternità francesca-ne) del nord Italia, con molta probabilità nel triennio 1227-1230. L’incarico comporta la visita di numerosi conventi dell’Italia settentrionale. Antonio dimostrerà poi di prediligere la città di Padova e la piccola comunità francescana presso la sem-plice chiesa di Santa Maria Mater Domini.
In questa città Antonio farà un paio di soggiorni ravvicinati relativamente brevi: il primo, fra il 1229 e il 1230; il secondo, fra il 1230 e il 1231, durante il quale muore precocemente. Nonostante il periodo sia così relativamente breve, con questa città Antonio instaura un fortissimo legame.
L’Assidua, prima biografia di sant’Antonio, afferma che scrisse i suoi Sermones per le domeniche durante un suo soggiorno a Padova. Nonostante la notizia non sia del tutto fondata, è certo che questo voluminoso testo (rivolto in modo particolare ai confratelli per formarli alla predicazione) esprime bene la grande scienza teologica del religioso che – dopo la canonizzazione – riceverà anche il titolo di Dottore della Chiesa.
L’impegno profuso da parte di Antonio nella predicazione e nel sacramento della riconciliazione durante la Quaresima del 1231 può essere considerato il suo grande testamento spirituale.
Le fatiche della quaresima logorano un fisico già provato. Dopo Pasqua accetta di ritirarsi con altri confratelli a Camposampiero (paese a pochi chilometri da Padova) presso l’ospitalità del Conte Tiso. Chiede però che gli venga adattato un semplice rifugio sopra un grande albero di noce, dove trascorre le giornate in contemplazione con Dio e in dialogo che le genti umili del borgo di campagna. E’ durante questo soggiorno che Gesù, nell’aspetto di bambino, lo visita e dialoga con lui, come il conte Tiso potrà testimoniare.
Un venerdì – è il 13 giugno 1231 – viene colto da malore. Deposto su un carro trainato da buoi, viene trasportato a Padova, dove lui stesso chiede di poter morire. Giunto però all’Arcella, un borgo alle porte della città, mormorando le parole “Vedo il mio Signore”, spira all’età di circa 36 anni.
Dopo qualche giorno, con solenni funerali, Antonio viene sepolto a Padova, presso la chiesetta di Santa Maria Mater Domini, il suo rifugio spirituale nei periodi di intensa attività apostolica.
Un anno dopo la morte, la devozione dei padovani e la fama dei tanti prodigi compiuti convincono papa Gregorio IX a ratificare rapidamente la canonizzazione e a proclamarlo Santo il 30 maggio 1232, a soli 11 mesi dalla morte.
La Chiesa poi nel 1946 proclama sant’Antonio di Padova “dottore della chiesa universale”, col titolo di Doctor evangelicus.
Sant’Antonio venne sepolto a Padova, nella chiesetta di Santa Maria Mater Domini, rifugio spirituale del Santo nei periodi di intensa attività apostolica, martedì 17 giugno 1231. Probabilmente il corpo non venne interrato, ma fatto rimanere un po’ sopraelevato in un’urna marmorea, in maniera che i devoti, sempre più frequenti e numerosi, potessero vederne e toccarne l’arca-tomba.